Ecco perché mangiare una mela al giorno. Un detto che di sicuro conoscete dice testualmente: “Una mela al giorno toglie il medico di torno”.
In realtà non si tratta di un semplice detto popolare, poiché alcuni studi scientifici confermano quanto la mela sia un vero toccasana per il nostro corpo.
L’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige in Trentino ha dimostrato infatti che le mele contengono grandi quantità di polifenoli, antiossidanti in grado di contrastare i danni causati dall’invecchiamento.
Tra le caratteristiche che la rendono più interessante dal punto di vista scientifico vi è sicuramente quella di antitumorale naturale.
Con le mele si è notato infatti che lo sviluppo delle cellule tumorali in coltura viene ridotto rispettivamente di circa il 40-60% aggiungendo la mela con la buccia e del 30-40% aggiungendo solo la polpa.
Cosa fare della buccia?
E’ bene mangiare la mela con la buccia, ovviamente lavata.
In essa infatti sono contenuti i triterpenoidi, che secondo recenti studi avrebbero, tra gli altri, il potere di diminuire il rischio di sviluppare alcuni tumori come quello al fegato, al colon e al seno.
Oltre agli antiossidanti, la mela contiene le fibre.
Presenti in elevata concentrazione nella polpa e nella buccia, favoriscono un buon funzionamento del transito intestinale.
Ricordiamo inoltre che le fibre contribuiscono anche a generare senso di sazietà.
Altri studi invece, hanno anche confermato il ruolo delle fibre, in particolare della pectina, nel controllo della glicemia.
Una ricerca dell’University of Florida ha inoltre riscontrato che le donne che seguono la dieta della “mela al giorno” possono avere i livelli del colesterolo LDL, ovvero quello cattivo, minore di quasi un quarto già nei primi sei mesi di dieta.
Pensate sia tutto qui? Ebbene no.
Diversi studi hanno anche dimostrato che mangiando almeno 5 mele a settimana si contribuisce a tenere in buona forma i nostri polmoni.
Le mele infatti sono ricche di quercetina, dimostratosi in grado di proteggere il polmone dai danni del fumo e dall’inquinamento atmosferico rallentando quindi la degradazione cellulare.
Fonti: Fondazione Umberto Veronesi articolo del 04-07-2011 aggiornato il
18-04-2018
